Se hai dei figli piccoli, sai bene che una delle loro parole preferite è “perché?”. Ogni cosa che vedono, sentono o fanno suscita in loro una curiosità continua ed “insaziabile”, basata sulla voglia di capire il mondo che li circonda: comportamenti, regole, cause ed effetti. Questo fenomeno, conosciuto anche come “perché-ismo”, è tipico dei bambini tra i 3 e i 6 anni. Perché il cielo è blu? Perché il gatto fa le fusa? Perché devo andare a scuola tutti i giorni? L’elenco è pressoché infinito. Ma come reagire di fronte a queste domande incessanti? Come rispondere in modo adeguato e stimolante alla loro sete di sapere?
Un’importante fase educativa per bambini e genitori
Innanzitutto, bisogna capire che il “perché?” dei bambini non è solo una generica richiesta di informazioni, ma anche un modo per esprimere sentimenti, emozioni, paure ed aspettative. Spesso, i bambini chiedono “perché?” per attirare l’attenzione dei genitori, per sentirsi ascoltati e compresi, stabilire un legame affettivo testando limiti e regole. Quindi, la prima cosa da fare è accogliere il “perché?” dei bambini con interesse e disponibilità, senza mostrarsi annoiati o irritati. Anche se a volte le domande possono sembrare banali o ripetitive, è importante non sminuire o ignorare la curiosità dei bambini, ma valorizzarla e incoraggiarla. Il “perché?” dei bambini è un segno di intelligenza e creatività, quindi va sostenuto con risposte semplici, chiare e veritiere.
Trovare le parole giuste per rispondere ai “perché?”
Nella fase dei perché, tuttavia, non sempre è facile trovare le parole giuste per spiegare ai bambini concetti complessi o delicati. Tra i temi più sensibili da affrontare ci sono da sempre argomenti come la morte, la malattia, la sessualità o la religione. In questi e in altri casi, comunque, è bene non mentire né inventare storie fantasiose. Al contrario, sforzati di adattare il linguaggio al livello di comprensione attuale dei bambini, senza entrare in dettagli troppo tecnici o confusi. Se non si conosce la risposta a una domanda, è meglio ammetterlo e proporre di cercarla insieme, magari consultando un libro o un sito internet specifico. In questo modo, riuscirai a trasmettere ai bambini, fin dalla tenera età, il valore della ricerca, di una sana curiosità e dell’apprendimento continuo.
Come ribaltare i “perché?” dei bambini
Inoltre, spesso è anche utile ribaltare il “perché?” dei bambini coinvolgendoli in una conversazione attiva e partecipata. Invece di limitarti a fornire una risposta pronta e “confezionata”, potrai chiedere ai bambini cosa pensano loro della questione, quali sono le loro ipotesi o le loro esperienze in merito. In questo modo, riuscirai a stimolare il pensiero critico e la capacità di argomentare dei bambini. Così si favorisce lo scambio di opinioni e si rafforza il rapporto genitore-figlio. In sintesi, il “perché?” dei bambini rappresenta una fase educativa fondamentale, da affrontare con pazienza e sensibilità. Rispondendo alle domande dei bambini con cura e attenzione, si contribuisce al loro corretto sviluppo cognitivo ed emotivo, si alimenta la fiducia in sé stessi, nei genitori e si crea una base solida per il loro futuro. Ricorda che la curiosità è una caratteristica innata dell’essere umano, che si manifesta fin dalla nascita.
Come approfondire le richieste di informazioni dei bambini
Qual è, dunque, il modo migliore di comportarsi con il bambino? Come già detto, ascolta con attenzione e interesse la domanda, anche la più banale, senza interrompere o sminuire il bambino. Fai capire chiaramente che apprezzi la sua curiosità e che sei felice e disponibile a dialogare con lui/lei. Allo stesso tempo, cerca di capire il reale motivo della domanda, ovvero cosa il bambino vuole sapere o cosa lo preoccupa. A volte le domande nascondono dei bisogni emotivi o delle paure che vanno riconosciuti e affrontati con tatto e sensibilità. Rispondi in modo semplice e chiaro. Usa parole che il bambino conosce e arricchisci la spiegazione con esempi concreti e familiari con la sua esperienza di vita quotidiana. Dunque evita di dare informazioni troppo complesse o dettagliate che potrebbero annoiarlo o confonderlo ancora di più.
Come vivere al meglio la fase dei “perché?”
Se puoi, evita anche di rispondere con un semplice “perché sì” o “perché no”, ma sforzati di approfondire il senso della domanda e di stimolare il pensiero critico del bambino. Fai delle contro-domande, chiedi il suo parere anche dopo aver risposto, confrontate le vostre opinioni. In questo modo, aiuterai a favorire lo sviluppo della sua capacità di ragionamento e della sua autonomia di pensiero e azione. Non avere paura di dire “non so” o “non capisco” se la domanda ti sembra invece troppo difficile, complessa o strana. Chiedi al bambino di spiegare meglio cosa intende o da dove è venuta fuori quella domanda. Forse scoprirai che si tratta di una curiosità passeggera, di voglia di scherzare o di un malinteso.
Cosa dire e cosa evitare
Ci sono altri suggerimenti utili che ti aiuteranno a vivere al meglio questa fase. Da un lato, ad esempio, non dare risposte false o inventate. Dall’altro, non dare risposte troppo dettagliate o tecniche. Se invece il bambino desidera approfondire l’argomento, potrai aggiungere ulteriori dettagli. Evita poi di fornire risposte “definitive” o dogmatiche: lascia aperta la possibilità di dubitare, di cambiare idea, di scoprire nuove prospettive. Altrettanto importante, in un’ottica di diversità e di inclusione: non dare risposte moralistiche o giudicanti. Rispetta i sentimenti e le opinioni dei bambini, anche se sono molto diversi dai tuoi. Cerca di capire il punto di vista di tuo figlio e di spiegargli il tuo, senza però imporlo. Se poi le domande riguardano temi delicati o tabù come il sesso o la morte, non farti trovare impreparato. Quindi, non dare risposte evasive o imbarazzate. Non cambiare discorso e non far finta di niente. Cerca invece di dare una risposta adeguata all’età del bambino, senza mentire o nascondere del tutto la verità. Infine, viva la creatività: se il tempo a disposizione e le circostanze lo consentono, evita di fornire solo una risposta verbale. Infatti potrai usare anche altri mezzi espressivi, come il disegno, il gioco o la musica. In questo modo riuscirai a rendere più divertente e coinvolgente l’apprendimento.